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Il
sacco di Roma
Bisogna saper garantire la sicurezza
Il presidente del
consiglio aspetta le scuse della società calcio del Feyenoord
poiché i suoi tifosi giunti nella capitale, in occasione di una
partita di coppa, ne hanno approfittato per mettere a sacco piazza di
Spagna, e scatenare incidenti, al punto di riuscire a danneggiare la
barcaccia del Bernini. Non sappiamo se le scuse arriveranno e per un certo
verso la cosa ci interessa relativamente, anche perché i cittadini romani
avrebbero ragione di chiedere intanto le scuse del prefetto e del ministro
dell’Interno e forse anche del sindaco, che hanno gestito la situazione nel
modo peggiore possibile. Aveva qualcosa di grottesco vedere il traffico della
capitale, con lunghi incolonnamenti di auto ridotte a procedere a passo
d’uomo nell’ora di punta a decine di chilometri dallo stadio. Intanto, non si
capisce come sia possibile che in una città come
Roma, con i problemi di viabilità che possiede, si possa pensare di giocare
una partita internazionale alle ore 19 quando tutti escono dagli uffici. Poi,
se sia accettabile non porsi il problema di come controllare seimila tifosi
olandesi, lasciare che facciano quello che vogliono e finire con il chiudere tutte le strade intorno allo stadio, chissà
per quale motivo, se non di paralizzare la mobilità. Tutto
ciò mentre l’Italia si dichiara pronta a guidare un’eventuale missione
dell’Onu contro l’Isis. Ma nel frattempo è riuscita a farsi mettere al
tappeto da un centinaio di hooligans. Siamo l’unico paese europeo in cui gli
stadi sono vuoti ed i tifosi impazzano nelle piazze. E si capisce, è venuto
il capo della curva della tifoseria di Belgrado, Ivan il terribile a dare
l’esempio, e ha subito trovato imitatori nostrani, in “Genny’ a Carogna”;
entrambi capaci di dettare condizioni a polizia e dirigenti sportivi. Cosa
abbiamo fatto da allora? Un bel niente. Tutti a parlare di violenze
intollerabili e queste si ripetono tranquillamente senza che mai si dia uno
stop. Nel caso dei tifosi olandesi non si è nemmeno avuta la pazienza di
aspettare l’ingresso allo stadio, i teppisti si sono scatenati direttamente
nel centro di Roma, tanto da chiedersi come sia
possibile, in occasione di un match internazionale, non preoccuparsi di
presidiare i punti sensibili, almeno nel cuore della capitale. Sappiamo che
negli scontri sono rimasti feriti dieci agenti e tre tifosi olandesi, in
pratica, le abbiamo pure prese. Per lo meno la soddisfazione di contare cento
teste rotte per ogni nostro poliziotto in ospedale. Manco quello, e non
perché la polizia sia mollacciona, ma perché le si esercita
una pressione persino se deve fronteggiare una folla scalmanata di black
block intenti a distruggere un’intera città. I tifosi del Feyenoord a casa
loro non fanno male ad una mosca, ma non perché non sono ubriachi, ma perché
la polizia sa come trattarli. Venire in Italia è uno spasso. Molti non
vengono per veder la partita, non hanno il biglietto e nessuno se ne
preoccupa, pensano solo a far danni, chi li controlla? Eppure prevenire la
violenza a questi livelli non è una cosa impossibile. L’Inghilterra aveva le
peggiori tribù calcistiche da smobilitare, ed in poco tempo ci è riuscita. Non
fu un miracolo. Basta la determinazione politica necessaria per farlo. Una
classe dirigente si inizia a distinguere da queste cose, saper garantire la
sicurezza.
Roma, 20 febbraio 2015
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